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agenda spettacoli in programmazione
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Bahamuth - Antonio Rezza e Flavia Mastrella

7 al 12 gennaio - Teatro Vascello di Roma

Bahamuth - Antonio Rezza e Flavia Mastrella

Teatro Spettacolo

data: 12/01/2025, Roma

Tre prologhi, un corpo
E cede il passo all’atleta di Dio che volteggia sulle sbarre con le braccia della disperazione.  E poi un nano, più basso delle sue ambizioni, che usa lo scuro per fare, e la luce per dire.  Frattanto qualcuno cade dall’alto e si infila i piedi nella gola.  

E quindi la realtà figurata delle vittime del povero consumo, connotate da assenza di astrazione,  con il padrone unto dall’autorità del denaro.  

Ma si affaccia Bahamuth, l’essere supremo, che dopo breve apparizione si sottrae al tempo e al  giudizio. Mentre la merce si mescola a corpi fatti a pezzi.  

Pezzi di uomo ancora da nascere ma già immolati alla meschinità costituita.  E viaggiatori dell’anima con il corpo stanco, alloggiati come bestie a copulare nel grande albergo  della carne mozza. Intanto le sfilate della vanità su corpi zoppi e deceduti.  

E un amico che parla senza voce e sente senza orecchie. Ma il senso della vita si incontra solo  all’infinito dove l’uomo fa la fine del capretto da sgozzare. Brufoli e depressioni tristemente  accomunati con le bibite a ghiacciare le parole nella gola. Ma la corsa al vestire il corpo nudo e  verme non da tregua all’uomo pellegrino, mentre le braccia del padrone, camuffate da  proletariato, saltano al ritmo di una danza di classe. E l’orologio segna sempre l’ora in cui un  passerotto castrato, si affaccia e grida la sua costernazione sotto forma di cucù, per poi rientrare  diligente nella trappola del tempo. Editti a favore di chi non ha. Urla squassanti di chi non è.  Urla come indiani, urla che non vengono capite perché non le si vuol capire.  Ma come Bahamuth sostiene il mondo, così le immagini si sovrappongono.  E il gran finale, con i personaggi a fare la figura degli sguatteri mentre l’autore che li muove è il gerarca dalla lingua biforcuta.  L’autore è il male dell’opera.  

Dal giocattolo a Bahamuth 

In una scatola appena accennata, un uomo trascorre l’agonia che lo porterà a una nuova vita fatta  di rigurgiti tribali e storie passate, inquinate da problematiche contemporanee.  Il lavoro di ideazione dello spazio scenico è durato due anni.  

Ho concepito la scatola e gli altri elementi scultorei per l’allestimento scenico di Bahamuth  pensando a un grande giocattolo, sviluppando l’idea delle sculture in tasca * (una ricerca di  microscultura che porto avanti dal 2004). L’allestimento scenico è composto da pochi elementi –  L’abito rosa, in stoffa e metallo, spersonalizza la materia uomo, dando vita a un personaggio  antropomorfo che si muove sul palcoscenico col carisma di un essere mitologico incline a  problematiche conservatrici. Il volo è un elemento simile a un ventaglio ingigantito, azzurro e  arancio di stoffa e legno: la scultura non riesce a decollare per motivi di spazio e diventa  componente estetica, emblema della potenzialità ignorata…. I quadri di scena mutanti frammentano il corpo recitante che si moltiplica col movimento e racconta di un sé contaminato,  reattivo fino allo sfinimento. Gli oggetti sono ridotti al minimo…Bahamuth vive di atmosfere e non  considera gli orpelli che umanizzano la situazione giocattolo, e dirigono la percezione alla facile  comprensione. La scatola, giocattolo di metallo, legno, stoffa verde e aria, determina un vincolo  formale e provoca un’urbanizzazione dello spazio composto di piani d’aria, definiti da rette quasi  mai parallele. Il giallo fluorescente delle aste, le dimensioni spropositate, i rapporti di equilibrio  distorti, danno all’uomo d’oro, che vive l’ambiente, la possibilità di sfinirsi nell’immobilità e in  seguito di estendersi e saltare affiancato dai due ragazzi blu, intesi come elementi dinamici.  I due giovani mettono in moto le possibilità meccaniche della struttura, ruotano le ali leggere e  svolazzanti che chiudono la scatola e si mostrano indaffarati intorno al fardello uomo, entrano in  scena frantumando la solitudine del protagonista e la staticità della scultura.  La scatola, elemento filiforme dall’equilibrio bizzarro, possiede solo l’illusione della chiusura, è  vibrante nello spazio e soprattutto è dipendente alle sollecitazioni dell’umano.  Antonio è partito dall’immobilità di un uomo steso.  

La storia dello spettacolo è nel ritmo: i passi, le frasi, I frammenti narrati, sono tenuti assieme dal  corpo – parola. Il susseguirsi delle vicende è una costruzione creata con le regole del montaggio  cinematografico; Bahamuth si svolge in uno spazio esterno – interno che logora la percezione del  tempo e lo reimposta. La sequenza drammaturgica è costruita mettendo in relazione i frammenti di storie con i movimenti e con i ritmi sonori della parola recitata in corsa.  

La triade parola – corpo - spazio si manifesta in forma biforcuta, a tratti sintetica e metaforica e in  altri momenti estremamente rappresentativa.  

La successione degli eventi nell’ambiente giocattolo, devia la percezione del reale dall’immagine  persuasiva.  

* le sculture in tasca sono materia appena accennata composta con il criterio del mare... con  ironia parlano un linguaggio codificato nel particolare e stravolto nelle dimensioni  

Teatro leggero  

L'allestimento scenico di Bahamuth è veloce da montare come Pitecus, Io e Fotofinish.  La stoffa e il metallo sono le materie che rispondono meglio alle mie esigenze di leggerezza.  In Bahamuth ho inserito anche degli elementi di legno per rafforzare la stabilità della scatola.  Questa innovazione nella materia mi ha molto divertito ed era necessaria affinché venisse fuori la  forma del giocattolo con tutto il suo sapore.  
La struttura mangia spazio e l’allestimento dell’ambiente che accoglie la appresentazione, sono  per me due opportunità scoperte nel 2003 con la nascita dello spettacolo Fotofinish.  Bahamuth mi ha permesso di sviluppare queste due intuizioni, ma mentre prima parlavo di  estensione lineare ora affronto la capacità spaziale del singolo elemento scultoreo.  Flavia Mastrella

Come corpo pensavo 

In quanto carne pensavo di conoscermi.  

E invece mi sorprendo di come, ancora una volta, la mente mandi il corpo a soffrire per poi  rintanarsi nella facilità del pensare.  

Mi muovo da molto con le membra a sfiancare e quindi dovrei aver compreso l’indole del  patimento.  

Ma nel caso di Bahamuth ho scoperto che gli organi interni hanno una coscienza viva se sottoposti a un’andatura sussultoria e verticale. Nelle opere precedenti il mio incedere è stato lento nella sua  difficile armonia e poi veloce nel pendolare circolare e incessante. Ma ciò che incessa quasi mai  decessa e cioè, qualunque carne con le ossa attaccate si abitua se ben addestrata.  E quindi, dopo Fotofinish ero certo che il massimo del movimento fosse stato raggiunto.  Creare un qualcosa di più faticoso era arduo e poco intelligente.  

Ma nella scatola le corse laterali me le son proibite dall’inizio. L’allestimento di Flavia Mastrella ha  suggerito soluzioni azzardate.  

E ho cominciato a fare del mio corpo un assoluto verticale, con salti da fermo e in progressione che  danno il ritmo alle interiora.  

E ciò lo percepisco mentre mi esibisco.  

Sento il cuore affaticarsi e la milza intenerirsi, sento lo stomaco in subbuglio, per nulla offeso da un  compito non suo.  

Insomma avverto un corpo diverso, sottoposto alla trazione verticale che ne esalta l’allungarsi non  della vita ma almeno delle membra tutte.  

E mi sorprendo ancora di come, mentre la pelle se ne va a finire, la mente la costringa a spasmi  insperati e vigorosi.  

E per questo il pensiero è inferiore.  

Come urla sentivo 

L’ inserimento delle urla come suono costituisce il nuovo orecchio di uno spettacolo fatto per i soli  occhi. Privilegio di chi vede è il non capire ciò che un altro fa. Le parole aiutano la miseria della  media comprensione. Le urla fanno la musica senza le mani. La gola non si suona con le dita a  meno che non ci si voglia soffocare. E nessun urlo può essere raggiunto dalle mani, tirato fuori e  mostrato a chi ci guarda.  

Insomma con le urla ci si accorcia il patibolo. Ma questo sembra un atteggiamento pessimista di chi  non ama la vita a sufficienza. E invece no, io amo fare quello che non si può comprendere.  In questa opera ultima le urla unificano le parole intere: le urla sono fatte solo di vocali allungate  che cingono la preda del concetto e la mandano a morire nella testa di chi ignaro si attarda a  capire.  

Io sono il mio tamburo e mi suono al ritmo mio.  

Antonio Rezza 

di Flavia Mastrella Antonio Rezza  
con Antonio Rezza  
e con Manolo Muoio  

e Neilson Bispo Dos Santos  
liberamente associato al “Manuale di zoologia fantastica”  
di J.L. Borges e M. Guerrero  

(mai) scritto da Antonio Rezza  

habitat di Flavia Mastrella 
assistente alla creazione Massimo Camilli
luci e tecnica Alice Mollica 
macchinista Eughenij Razzeca
organizzazione Tamara Viola, Stefania Saltarelli

una produzione RezzaMastrella e La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello

 


Di: Antonio Rezza e Flavia Mastrella

Produzione Distribuzione: RezzaMastrella e La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello

Fonte: Artinconnessione

Protagonisti: Con Antonio Rezza, Manolo Muoio, Neilson Bispo Dos Santos

Pubblicato il: 07/01/2025 da Enrico Maria Chellini

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