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Quando Gian Maria Volonté interpretava Aldo Moro a Cinecittà

Ricordi di uno spettatore

Quando Gian Maria Volonté interpretava Aldo Moro a  Cinecittà

cinema Profili

Pergine Valdarno (AR)

Nel 1985 organizzai per la Biblioteca comunale di Pergine Valdarno - grazie allo scrittore Robert Katz- un incontro con Ferrara che era reduce dal successo del film "Cento giorni a Palermo", sull'omicidio del generale Dalla Chiesa. Pochi mesi prima il figlio del generale, Nando, oggi deputato, aveva presentato sempre in biblioteca un libro sul padre parlando di "delitto imperfetto". 
La serata con Ferrara, pur nella diversità di opinioni sulla tesi del film (il generale fu ucciso dalla mafia su input del potere politico romano) vide la presenza di molta gente. 
Conobbi Ferrara in quell'occasione e grazie alla sua disponibilità pochi mesi dopo, all'inizio del 1986, mi ritrovai al teatro 8 di Cinecittà a vedere recitare Gian Maria Volonté nei panni di Aldo Moro. "Il Caso Moro" era stato scritto a tre mani: da Ferrara, da Robert Katz e da Armenia Balducci, compagna di Volonté. 
Al centro del grande teatro era stata ricostruita la camera - cella identica a quella dove lo statista democristiano aveva trascorso i 55 giorni di prigionia prima di essere ucciso dalle BR. 
Sul set Ferrara dava le ultime disposizioni all'operatore di macchina, mentre Gian Maria Volonté si preparava sul set, isolato da tutti. 
Mi colpì subito la trasformazione dell'attore nel volto sofferente e pieno di dignità di Aldo Moro. Nella scena del film che vidi girare, Moro chiede al suo carceriere se la lettera per il suo partito è stata consegnata ed il brigatista (Mattia Sbragia) assicura che è arrivata a destinazione. 
Il regista fece solo tre ciak, il minimo indispensabile per non avere problemi al montaggio, ed io rimasi sbalordito dalla recitazione di Volonté, perfetta per tutte e tre le volte, con le pause e lo sguardo ripetuto con una professionalità straordinaria. 
Anche la troupe era consapevole di vivere un momento importante del film ed il silenzio era massimo. Solo lo"stop" di Ferrara ed il seguente "Bene Gian Maria", allentavano la tensione fra un ciak e l'altro. 
Io mi ero messo dietro al carrello della macchina da presa che durante la scena doveva essere spinto piano piano fin dentro la piccola cella per inquadrare in pieno il viso di Volonté. Insieme a me c'era un signore alto che osservava la scena e che nella penombra non avevo riconosciuto, era Pino Donaggio, l'autore della colonna sonora. 
Nella pausa del pranzo, quando tutti si fermarono a mangiare, Volonté continuava a camminare da solo per lo studio. 
Camicia bianca sbottonata a maniche lunghe, pantaloni scuri, ciabatte, era un Aldo Moro perfetto. 
Io pensavo che durante la pausa staccasse dal personaggio, che si potessero fare due chiacchiere, ed ero pronto a fare un'intervista per un giornale di Arezzo. 
Ma come mi avvicinai a lui e gli chiesi di fare l'intervista, lui mi oppose un no con la mano e compresi che era sempre concentrato sul personaggio, non voleva distrarsi, neanche il pranzo lo attirava, nonostante ci fosse nello studio un carrello fumante con pasta, carne e caffè. 
Lui rimase sempre lontano in un angolo del teatro, solo e a testa bassa, camminando a piccoli passi. Infine, prima di riprendere a girare, si chiuse per un po' nella sua roulotte. 
Un addetto alle luci e lo stesso Ferrara mi confermarono che Volonté si comportava sempre così.


Di: Massimo Palazzeschi

Fonte: http://www.gianmariavolonte.it/

Pubblicato il: 30/11/2005 da Massimo Palazzeschi

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